2005-2015 DIECI ANNI DI MTB IN SEZIONE
Note: le gite sociali e non vengono SEMPRE confermate da chi le organizza che ha la facoltà di cambiare meta anche il giorno prima in caso di problemi personali, meteo ed organizzativi
La pratica della mtb contempla dei rischi, dove ci si può far male. Ognuno è responsabile per se stesso e si deve impegnare ad osservare le indicazioni dei coordinatori escursione

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venerdì 17 settembre 2010

[REPORT] UN SOGNO LUNGO UN ANNO…

Quest’anno la nostra sezione CAI festeggia il 50° di fondazione e il gruppo di mtb si è chiesto come poteva partecipare all’evento, la cosa più ovvia era un tour di più giorni, ma dove? Alpi, periplo per i vulcani italiani, spedizione extraeuropea? Ma perché non rimanere in zona scegliendo la Val Borbera, valorizzando così anche l’opera della nostra Commissione sentieri? Detto fatto.

La macchina organizzativa dal 2009 ha iniziato a pianificare/progettare il possibile percorso, le diverse tappe e a motivare i possibili partecipanti ad aggregarsi alla nostra piccola impresa… ma si sa che il tempo passa troppo velocemente e in men che non si dica siamo arrivati al fatidico momento!

Come tutte le cose preparate a tavolino però la realtà si presenta un pochino diversa e ci mette in gioco e alla prova: meteo e sistemazioni logistiche erano i nostri punti critici e con loro si doveva fare i conti il giorno della partenza. Ma andiamo con ordine…

Il meteo ci ha tenuto con il fiato sospeso fino al giorno prima della partenza, giovedì 9, ma per fortuna le previsioni si sono magicamente sistemate per il fine settimana. Destino?

Per il pernotto è sorto un piccolo problema quando ci siamo resi conto che il rifugio dei Piani di San Lorenzo non ci poteva ospitare per cui ci siamo posti l’inevitabile domanda: e ora dove si va? Per fortuna si è trovata la scappatoia a Pallavicino con l’albergo Stevano, recuperate le chiavi tutto era pronto… e in noi partecipanti iniziava il conto alla rovescia mentale per venerdì 10. Già ma chi avrebbe partecipato?

Tra impegni di lavoro e familiari, ferie, problemucci di natura fisica e di allenamento, lo zoccolo duro che avrebbe partecipato al tour era limitato a 4 persone: Alberto, Massimo, Max e Maurizio. Bene bene… qualche giorno prima della partenza ci troviamo, pianifichiamo: io porto questo io quest’altro, pantaloni lunghi o corti… insomma le solite cose ma poi quando si fa lo zaino le buone intenzioni del “minimo indispensabile” saltano e ci si ritrova con lo zaino gonfio e pesantuccio. Si prepara la bici, la si controlla fino alla nausea e si spera che le “parti importanti” reggano per tutto il giro.

Per fortuna arriva il giorno della partenza e tutte le ansie, le preoccupazioni dei tratti che non si conoscono passano in secondo piano: ora si fa sul serio!

E’ venerdì mattina, un’aria frizzante ci sferza uscendo di casa, cerchiamo il sole per un primo assaggio di tepore mentre aspettiamo nel piazzale del Museo del Ciclismo … alla spicciolata arriviamo tutti e quattro, in faccia si legge la voglia di iniziare questa nuova avventura e soprattutto tutti sono carichi per finirla anche a costo di strisciare domenica nuovamente qua, anche perché l’accorciamento deciso pochi giorni prima della partenza da 4 tappe a 3 potrebbe essere stato un azzardo. Si fanno le solite foto prima della partenza e via: il sogno ha inizio!


1^ Tappa: Novi Ligure – Pallavicino

Partiamo tranquilli scivolando attraverso le vie intasate della città che si sta risvegliando ma per fortuna lo stress legato al traffico cessa quando inforchiamo la prima sterrata, il prossimo nastro asfaltato che ci porterà mollemente sotto Serravalle e poi a Stazzano. Il fresco è gia un ricordo visto che il sole scalda quasi in modo irritante anche se siamo a settembre, con la prima salita si rompe per un attimo anche il nostro idillio con la mtb: è giunto il momento di faticare!

La prima rampa verso Montespineto non scherza anche se per fortuna dura poco e una volta giunti sotto il santuario i continui saliscendi ci permettono di rimetterci in sintonia con il nostro mezzo, anche perché poi immersi nella natura stiamo bene, benissimo e lo zaino, dopotutto, non è molto più pesante di quello che si porta per alcune gite in giornata. Il fondo è discreto segno che le recenti precipitazioni non hanno fatto troppi danni… tra salite e discese, fango e polvere ci concediamo le pause fisiologiche e assaggiamo i fichi oramai maturi (forse troppo). Ma siamo già a Ca’ del Bello? Non siamo ovviamente dei fulmini, ci siamo prefissati di non tirare visto quello che ci aspetta nelle prossime due tappe, ma procediamo costanti. Albarasca, Sorli su asfalto fino ad arrivare all’imbocco del sentiero 139 che ci porterà a Dernice. L’inizio è dei migliori: si scende… ma poi la bella vita finisce e dopo un lungo tratto pedalabile in falso piano (molto falso) incontriamo il primo muro quasi da ribalto e con fondo pessimo. Ok iniziamo il portage, ma lo sapevamo e sui nostri volti c’è sempre il sorriso; beh siamo solo all’inizio e ci mancherebbe se fossimo già tristi… ritroviamo l’asfalto e le gambette ricominciano a girare rotonde, tra foto e battute arriviamo sotto le pendici del Barilaro (o Barillaro, boh, ho trovato entrambe le versioni) manca poco a Dernice e durante la discesa verso il paese posto sullo spartiacque il pedale di Max fa crack! Mannaggia ma proprio ora si doveva rompere? Usato per infiniti giri post lavoro ha deciso di cedere proprio ora… pazienza, si chiama Claudia in soccorso con l’accordo di consegnare il ricambio a Pallavicino. Con un pedale e mezzo si riparte tutti e si giunge a Dernice per la pausa pappatoria… dopo questo piacevole intermezzo ecco l’ultimo sforzo in sterrato: il classico saliscendi delle nostre colline complicato dal caldo e fango, che a tratti è veramente colloso.

A dire il vero il percorso di oggi è privo di difficoltà tecniche e forse a tratti anche noioso, ma è lo scotto da pagare volendo partire da Novi. Così senza neanche rendercene conto siamo a Borgo Adorno e in breve a Pallavicino. Oh ecco l’albergo, e’ prestissimo: sono le 14… meglio così oggi abbiamo tempo per recuperare! E’ chiuso ma noi abbiamo le chiavi: dentro è tutto deserto e ai piani superiori regna una sorta di abbandono. Anzi se in giro vedessimo un triciclo potremmo anche pensare di essere sul set di Shining… bah ci sistemiamo, puliamo e controlliamo le nostre “cavalcature”, stendiamo i panni e spariamo una marea di boiate: siamo felici e gasati da una prima tappa che non ci ha creato problemi salvo la rottura del pedale. Il tempo passa lento ma arriva il momento di mangiare e ci si incammina all’agriturismo di Borgo Adorno, la camminata è un toccasana per le nostre gambe e sedersi al tavolo allarga ancora di più i nostri cuori ma soprattutto le nostre bocche. Mangiamo tutto quello che troviamo sul tavolo, tutto buono forse un po’ poco ma meglio non esagerare altrimenti domani sarà una tragedia ripartire… la notte di solito porta consiglio ma a noi solo un po’ di freddo visto che l’albergatore si è dimenticato le coperte.

Pazienza Morfeo ci prende e crolliamo come bimbi…

2^ Tappa: Pallavicino - Casa del Romano

Sveglia che il sole è già alto! La giornata è stupenda oggi: assenza di vento ed un cielo blu cobalto (una classica giornata settembrina). Una colazione più che decente per iniziare con il piede giusto la giornata e alle 9 siamo pronti per affrontare quella che sarà una tappa ricca di cime, salite, spinte e pochissime discese…

Infatti dopo la fase di riscaldamento su asfalto che ci porta a Giarolo iniziamo subito con una serie di rampe assassine da percorrere non sempre su fondo ottimale che dal paese ci fanno passare dalle stalle ai Piani di San Lorenzo fin su alla cima del Monte Giarolo con la sua statua del Cristo Redentore e la selva di antenne dei ripetitori (Maurizio rapito li immortala in qualche foto).

Fa caldo ma in cima ritroviamo l’arietta fresca che ci accompagnerà fino alla fine della tappa, vero toccasana per noi poveri pedalatori. In cima incontriamo due amici del Cai di Tortona e dopo i soliti convenevoli ci buttiamo lungo la prima di poche ma intense discese. Dura poco però ma la assaporiamo fino in fondo… da questo momento è tutto un susseguirsi di cime e cimette sovente raggiunte con la bici a spalle o al nostro fianco: Panà, Cosfrone, Ebro (che qualche ardito raggiungerà pedalando), Cavalmurone, Legnà, Carmo… Il panorama è superbo, si spazia dal Viso al Gruppo del Rosa fin all’Adamello anche se la foschia che anticipa le Alpi non aiuta. In compenso la Liguria è completamente alla nostra vista: mare, le Alture di Genova, i golfi di Ponente con le isole di Bergeggi e Gallinara fino a Capo Mele. Delizia per i nostri cuori e i nostri occhi in un ambiente grandioso quasi in perfetta solitudine.

Ma torniamo con i piedi per terra anzi sui pedali… arrivati all’Ebro prendiamo la ripida e corta (ovviamente) discesa fino alle Bocche di Crenna e qua abbiamo la prima decisione da prendere importante: per arrivare a Capanne di Cosola andiamo a caso nei prati o cerchiamo il fantomatico sentiero che nessuno di noi ha mai trovato? Alberto pensa di sapere dove attacchi quindi decidiamo di seguire le sue indicazioni: prendiamo la nuova strada che scende sul versante Valborberino e alla seconda curva lo troviamo! Una delizia di single track in ottimo stato che senza farci faticare troppo, se non per evitare i ricordini delle mucche, ci fa planare alla presa dell’acquedotto. Qualcuno si concede anche il lusso di gustare le fragoline di bosco… un ultimo sforzo e siamo a Capanne di Cosola con la meritata piccola sosta visto che il fine tappa non è dietro l’angolo.

Ripartiamo così abbastanza presto sapendo che ci sono ancora diversi scollinamenti da passare ma oramai siamo in pieno delirio adrenalitico e qualsiasi tratto a spinta o di fatica non ci impaurisce… anzi ci galvanizza, tanto da farci sentire in colpa se non raggiungiamo anche la più piccola altura. Al passo Legnà incontriamo un solitario escursionista che si meraviglia del nostro percorso, ma non abbiamo tempo da perdere: il Carmo ci aspetta e non abbiamo ben chiaro dove passare quindi ci tocca procedere senza indugi. Solita ripida discesa al limite del ribalto e in fondo abbandoniamo la cresta per il sentiero 101 dove viene chiaramente indicato M. Carmo. Che bella sorpresa, siamo a cavallo! Bosco, salita e ancora salita, si spinge e ci si bea del paesaggio ma l’ultima elevazione è sempre lontana… ad un certo punto si vede finalmente la sua croce. Ultimo tratto di portage cattivo e tocchiamo la croce: con un dito, una mano e perché no anche con la mtb.

Estasi e sorpresa per l’assenza di vento e la vista a 360°. Fantastico!

E ora? Beh ora facciamo l’autoscatto di rito e prendiamo un sentiero per scendere alla strada proveniente da Carrega Ligure… e chissà se alla prossima nevicata vedendo l’adesivo piazzato sulla croce non verseremo una lacrimuccia pensando al viaggio settembrino, comunque diremo “Io c’ero!”.

Scendiamo prima su prato e poi inoltrandoci nel bosco evitando i tratti fangosi ed incontrando un secondo solitario camminatore, in viaggio da ben 9 giorni, che ritroveremo alla locanda di Case del Romano… asfalto, gatti da fotografare e ovviamente ancora salita. Maurizio e Max, ancora tonici, salgono quasi ingaggiando una disfida ma per loro fortuna dura poco… al passo di Gorreto entriamo in Liguria e troviamo il sentiero che ci porterà al Monte Antola ma sarà un problema di domani. Ora scendiamo molto rilassati verso la fine della tappa.

Finalmente alle 17 termina la nostra lunga cavalcata di cresta, ci ripuliamo e dopo una piccola manutenzione, una birra strameritata ci avviamo stancamente verso la cena ma non saremo i soliti quattro pedalatori: oggi si è aggiunto Beppe portato fino a quassù dalla Raffaella. Bella la vita così! Per fortuna la cena è pronta e ci sediamo a tavola, era ora dato che il nostro stomaco era veramente vuoto. Mangiamo abbastanza bene, anche se avremmo tutti fatto volentieri il bis del primo e perché no anche del secondo… dolce, contro dolce e contro birra. Verso le 22 tutti a nanna perché domani ci sarà da divertirsi… l’ultima tappa non sarà una passeggiata! Ci si addormenta anche se è difficile cancellare i momenti di fatica e gioia che abbiamo vissuto nella lunga cavalcata di oggi.

3^ Tappa: Casa del Romano – Novi Ligure

Ah oggi la tensione del rientro e soprattutto i vari tratti di percorso a noi sconosciuti, ci fanno alzare prima della sveglia, solo Beppe che non è ancora soggiogato dal Tour è tranquillo, noi “veterani” scalpitiamo e non vediamo l’ora di partire. Chissà quando arriveremo!

Alle 8.50 si parte… torniamo al passo imbocchiamo il sentiero 200 e via verso l’Antola. Si pedala con qualche strappo fetente ma pedalabile fino al passo Tre Croci, evitando il fango attraverso sentieri abbozzati ma stupendi. All’anticima dell’Antola il solito portage anche se Maurizio tenta qualche pedalata qua e la, ma forse il gioco non vale la candela. Di fronte a noi la nostra odierna “Cima Coppi” con la solita immancabile croce. Proviamo tutti a pedalare la corta salita e alcuni di noi riescono nell’impresa ma che fatica ovviamente ripagata dall’ennesima vista totale sulle diverse valli: al terzo giorno è brutto dirlo ma è diventata quasi routine ed è difficile emozionarsi nuovamente ma per fortuna ci riusciamo ancora.

Adesivo, foto e via al vecchio rifugio dove anche davanti all’unico sentiero logico titubiamo a prenderlo perché non vogliamo di rischiare di dover risalire. Il sentiero a tratti è cattivello e ci obbliga sovente a scendere a piedi (in discesa non è bello e il primo tratto è addirittura disseminato di pezzi di vetro), è inutile e assurdo rischiare di farsi male visto che siamo ancora lontanissimi da casa. Beppe sembra reggere il percorso anche se siamo solo all’inizio, il morale è alto e questo non permette di farci sentire la fatica in chi ha già 2 giorni di pedalate alle spalle… tanto per cambiare scendiamo, saliamo, traversiamo anche spingendo ed ecco la prima foratura che unita ad una piccola incertezza sull’esattezza della nostra direzione fa perdere un po’ le staffe ad Alberto, ma è un momento! Alla selletta sotto il Monte Buio il buonumore è già ritornato… in tre giorni un po’ di sfogo ci vuole perbacco.

Prendiamo come da cartina il sentiero FIE quadrato giallo pieno ignorando questa volta la salita e il sentiero 200 in cresta, il tempo scorre e non vogliamo perderlo puntiamo così direttamente al passo Sesanella. Discesa? Macché si spinge anche per il passo che rimane nascosto nella boscaglia, là troviamo le indicazioni che evitano di scendere a Crocefieschi e siamo già contenti. Via allora verso San Fermo e per un attimo usciamo dal bosco permettendo un’ultima vista al monte Antola che sembra così lontano. E intanto Beppe tiene il passo. Dopo qualche bivio birichino giungiamo all’asfalto tornando alla civiltà, ignoriamo la chiesa puntando al sentiero rombo vuoto che Alberto conferma ci porterà fino a Costa Salata. Sentiero, strada sterrata, bivi, saliscendi, fango e caldo… iniziamo ad intravedere qualche cedimento nel nuovo compagno ma la voglia di continuare lo tiene a galla. Questo ci conforta e si prosegue… ad un certo punto imbocchiamo il presunto bivio da prendere per il sentiero che ci porterà al Monte Castello e qua facciamo un errore importante, l’unico del tour, che ci farà perdere energie e tempo prezioso. Andiamo a sinistra! Scendiamo su sentiero ripido e con fondo smosso e non bello. Alberto fora una seconda volta e questa è la nostra salvezza: lui non si orienta e non vediamo davanti a noi i paesi che dovremmo vedere. Una rapida analisi della carta che utilizziamo dalla prima tappa… capperi siamo fuori rotta e stiamo scendendo verso Vobbia. Dietrofront e con marcia forzata torniamo al bivio e via verso la strada corretta: un’ora persa! Non ci voleva…

Ora non c’è tempo da perdere è abbastanza tardi, fa caldo e siamo a corto d’acqua. Scendiamo quindi cercando una certa continuità fino ad incontrare degli enduristi che per fortuna si fermano e ci fanno passare, ma con sconcerto vediamo l’esito del loro passaggio e con il cuore triste per lo stato del sentiero finalmente, non senza soffrire in qualche rilancio e salitella, arriviamo a Costa Salata; veniamo maleducatamente e ingiustamente redarguiti dal gestore dell’osteria per il nostro presunto passaggio spericolato vicino al locale e per aver depositato le mtb sul prato.

Ma non c’è tempo per fiatare se non si vuole arrivare a casa in piena oscurità. E allora via verso l’ennesima infinita serie di salite più o meno lunghe ed irte (basta!) per fortuna almeno il fondo è decente… è pur sempre una strada. Fuori dal bosco Borassi e Roccaforte Ligure dove ritroviamo l’asfalto che ci aiuta a ritrovare una pedalata rotonda ed un po’ di sollievo alle nostre stanche gambe. Chi prima e chi dopo si arriva alla chiesa di Roccaforte da dove parte l’ultima nostra fatica: il sentiero 275.

Morale del gruppo? Alto, altissimo e tutti motivati ad arrivare con le proprie gambe alla chiusura del percorso, anche Beppe che per un momento ha pensato di mollare ma noi non ci siamo inteneriti e ce lo siamo tenuti stretto. Siamo partiti in 5 per questa tappa ed in 5 arriveremo alla sua fine.

Detto fatto aggiriamo la chiesa e saliamo ora stancamente, anche spingendo, fino al bivio con il sentiero 260. E si continua sempre spingendo sui pedali oramai con il gruppo sfilacciato, mai come ora è necessario mantenere il proprio ritmo tanto non ci si può perdere! Ultimo sforzo e via verso l’abitato di Lemmi veloci e sicuri di non doversi preoccupare fino a casa su che sentiero prendere o dove passare: ora è affare di Max che conosce quasi come le sue tasche questa zona… a Lemmi facciamo ancora un pieno d’acqua e su asfalto andiamo a riprendere il sentiero 275 a Monteggio. Il proposito di risalire dal paese a spinta per riprendere prima il 275 è stato accantonato vista l’ora tarda.

Evitiamo anche la porzione di sentiero oramai ultra dissestata che si stacca da Monteggio scegliendo l’alternativa proposta da Max: meno divertente ma assi più rapida. Ora siamo nella parte finale di questa infinita tappa, tutti assaporano le belle discese che contraddistinguono questa parte del versante Valborberino. Ovviamente qualche pedalata bisogna ancora darla ma affrontiamo questi ultimi sforzi serenamente visto che la nostra meta si avvicina e come per incanto le energie ritornano. Stranamente abbiamo ancora voglia di scherzare e sorridere. Adrenalina o solo una paresi facciale?

Al bivio per il santuario di Bambin di Praga lo ignoriamo e ci torniamo alla civiltà, siamo a Cerreto Ratti ed ora manca veramente poco per arrivare a Vignole. Ci rilassiamo lungo il nastro asfaltato ma animo che lo sterrato non è ancora finito dato che ci aspetta ancora un campo dove passiamo invidisiosi a fianco ad una imminente grigliata, percorrendo prima la provinciale e poi le strade interne ci dirigiamo verso Serravalle… intanto i nostri amici/parenti vengono avvertiti del nostro arrivo in città… passiamo sotto Serravalle, pedaliamo leggeri perché le nostre fatiche stanno per finire.

Ultimo passaggio in mezzo ai campi dove qualcuno ha ancora le energie per uno scatto in salita, pazzi, ed eccoci al canile comunale dove l’ennesima salita (l’ultima per fortuna!) ci porta alla zona industriale. Tutto il nostro peregrinare per sentieri e monti della zona è ora veramente terminato!

Alle 19 come da programma siamo al Museo e… sorpresa: ecco un piccolo comitato di accoglienza! Tommaso, Gaia, Giorgio, Betty, Raffaella, Claudia e Valentina con addirittura cibarie e bevande! Commoventi veramente commoventi. Oramai i giochi sono fatti e tutto quello che si è “sofferto” in questi tre stupendi giorni passa in secondo piano: ora ci sono i nostri cari ed amici…

Come tutte le belle cose e i progetti anche questa nostra avventura è finita sicuramente in maniera positiva non solo perché abbiamo raggiunto il nostro scopo di creare un anello, senza inventare nulla per carità, lungo la nostra stupenda Val Borbera ma perché ci siamo sicuramente arricchiti internamente di quei valori umani che sono gli unici a dare un senso alla vita fatta non solo di performance.

Speriamo con queste righe di aver trasmesso l’atmosfera che regnava durante la lunga escursione convinti che solo provando sulla propria pelle si riesce a capire fino in fondo quello che abbiamo provato nel bene e nel male. E poi un plauso al meteo che clemente ci ha permesso di godere della natura senza soffrire più di tanto e permetteteci anche questo è un piccolo successo di chi ha scelto a questo periodo, un ultimo pensiero a chi ci ha sopportato e supportato fino in fondo e alla sezione che ci ha permesso di realizzare il nostro sogno…

Ma non ci fermiamo visto che ci sono altri progetti; il mondo è la fuori che ci aspetta!

Gruppo MTB CAI

CAI sez. Novi Ligure

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